Un piccolo stadio alla periferia di Firenze. Tre anni fa, per buena suerte, l’inossidabile tifoso ritrova quasi sotto casa le maglie che si porta nel cuore da una vita. La Viterbese è reduce da anni di emarginazione, difficili e oscuri, ma ha rialzato la testa.
Si gioca al Galluzzo con il Bellinzago, per merito di una proprietà ambiziosa, il passaggio alla finale valida per assegnare lo scudetto della Serie D. Sarà poi conquistato, a Viareggio, nella sfida con il Piacenza. Un banale venerdì pomeriggio si trasforma così nella cassa di risonanza dei sentimenti più liberatori che sia concesso provare agli umani.
La vita del tifoso è tracciata dal fil rouge della squadra del cuore. I colori gli restano appiccicati addosso, sempre e comunque. Inseparabili compagni di viaggio di esistenze più o meno brevi e precarie. Un legame profondo. Si materializza ogni volta che ‘quelle maglie gialloblù‘ scendono in campo. Il calcio è uno sport con l’anima. E l’anima del calcio sono i suoi tifosi.
Sta per accadere ancora. ‘Quelle maglie gialloblù‘ si preparano a scrivere una nuova pagina della ‘grande storia del club‘. La finale della Coppa Italia di Lega, con il Monza, potrebbe squarciare scenari imprevisti e imprevedibili.
Stavolta, è vero, non sappiamo come andrà a finire. Sappiamo però che l’emozione di allora e quella di oggi continueranno ad accompagnare generazioni di tifosi, sempre e per sempre. È la forza trainante del calcio. Lo squallido business del terzo millennio non riuscirà mai a cancellare l’ineguagliabile carica emotiva di uno sport che rimane e rimarrà magico, a dispetto di chi fa di tutto per rovinarlo.
Nel segno della passione la ‘grande storia del club‘ continua a intersecarsi, fino a coincidere, con le storie personali dei suoi tifosi.