Il passaggio dall’era Camilli all’era Romano segna, per la Viterbese, un (brusco?) cambio di paradigma. Non è facile subentrare in corsa a un patron facoltoso che, in sei anni, ha fatto giocare sul prato del Rocchi un numero incalcolabile di ottimi giocatori.
Una girandola di nomi altisonanti, alla quale i tifosi hanno sempre faticato a stare dietro. Il mercato invernale, poi, rovesciava quasi sempre quello estivo. Ciò ha comportato una quasi totale rivoluzione della rosa, addirittura due volte nel corso della stessa stagione. Un modo di fare calcio divertente, ma molto dispendioso. Non certo alla portata di tutte le tasche, né di tutti i presidenti.
Sotto questo aspetto la nuova società è stata molto chiara fin dal principio. La Viterbese targata Romano sarà formata in larga parte da giovani che dovranno crescere attorno al gruppo dei giocatori rimasti tesserati per il club gialloblù in questa fase di transizione, che non lasceranno comunque Viterbo.
È previsto l’arrivo di qualche nuovo over, per integrare il nocciolo duro della rosa >>> LEGGI QUI gli aggiornamenti. Una scelta condivisibile, visti i tempi che corrono. Di gente disposta a buttare soldi nel calcio ce n’è sempre meno. Mecenati? Razza in via di estinzione nel mondo pallonaro.
Per tutte queste ragioni – non ultima quella di consentire a mister Calabro di affrontare in modo più che dignitoso un girone che si preannuncia infernale – giocatori come Atanasov, De Giorgi, Mignanelli, Milillo, Molinaro, Palermo, Pacilli e Vandeputte dovranno restare. Nel modo più assoluto. Così come forse Messina e Svidercoschi, utili per fare spogliatoio e venire utilizzati quando occorre.
Tutto nel segno di una continuità dalla quale non si può prescindere, se si vuole avviare un progetto lungimirante. Pena la perdita di fiducia dello zoccolo duro del tifo gialloblù.